Il nostro design - copiato o contraffatto - ma sempre piu’ richiesto da clienti, investitori e studenti
30 aprile 2018
Una recente sentenze del Tribunale di Roma ha sancito condanne fino a 7
anni di carcere - ed una provvisionale di oltre 200.000 Euro - a favore di
12 marchi dell’occhialeria e di associazioni di produttori. Si è trattato
di una importante violazione di proprietà intellettuale da parte di un
gruppo criminale di origine cinese in relazione alla produzione e
commercializzazione di falsi occhiali.
Se, lasciando il design degli occhiali, consideriamo invece il comparto
arredo-design, risulta evidente che gli enormi danni creati dal falso
vengono ormai generati in gran parte dal commercio via web attraverso le
piattaforme internazionali, con il risultato di indurre le imprese-vittima
ad attivare costose e complesse azioni legali a difesa del proprio brand.
E, però, quando si riesce ad operare proficuamente in questa direzione del
contrasto sull’online, i risultati conseguibili possono consistere in:
rimozione di aste da market-place - cancellazione di inserzioni dai social
media – chiusura dei siti web cybersquatting che espongono i prodotti
contraffatti – delisting di voci dai motori di ricerca. Di recente
è inoltre emerso che tale azioni legali possono essere agevolate, o anche
ridotte, se associate all’intervento dei Digital Officers
aziendali. Nel caso in cui le società di Market Place abbiano al loro
interno uffici legali, un proattivo compito a fini difensivi del Digital Officer di una azienda target del contraffatto online,
dovrebbe infatti essere quello di porre tali uffici legali in contatto con
la agenzia/operatore che si occupa della brand protection della
propria azienda.
Talune basilari condizioni esplicative dello sviluppo quali-quantitativo
del nostro design, idonee a renderlo non solo copiato, ma altresì
attrattivo internazionalmente - in particolare nei paesi asiatici - vanno
ricercate nella compresenza di alcuni importanti fattori.
In primo luogo quello tecnologico; dato che con la proiezione
sempre più concreta delle aziende produttrici verso la manifattura 4.0, il
design sta diventando un sistema in grado di adeguare una produzione sempre
più customizzata alle esigenze esprimibili dalle diverse clientele nei vari
mercati. In parallelo, l’interazione del digitale con il design sta
ridisegnando mercati e filiere. Le aziende che sono in grado di presidiare
il collegamento fra la dimensione creativa/immaginativa del prodotto e la
concretezza del “saper fare” si presentano come le più capaci di innovare
in questo settore. Come già nell’agroalimentare, è così possibile trovare
aziende dell’arredo/design anche di piccole dimensioni, che – avendo saputo
abbinare, appunto, il carattere esclusivo del “lavoro fatto a mano” alle
potenzialità di accelerazione dei processi produttivi fornite dal digitale,
sono riuscite ad arrivare in tempi rapidi a diffondere con successo il
proprio brand su mercati anche molto lontani. E’ questo il caso tipico
delle aziende cosiddette global microbrand.
A decretare il successo del design dei nostri prodotti hanno concorso di
recente anche le innovazioni registratesi nei processi di formazione
professionale attiva nel nostro paese. Ci riferiamo in particolare allo
sviluppo della cultura del “design thinking”, con la quale in vari istituti
didattici, accademie ed università nazionali, un innovativo insieme di
tecniche consente, appunto, di porre in interazione creativa il momento
dell’ideazione con quello della concretezza operativa richiesta dalla
prototipizzazione. Tanto che numerosissimi sono gli studenti stranieri (in
crescita i cinesi), che vengono a formarsi da noi su questo settore, con
Milano e Firenze in testa.
Dal punto di vista della proprietà intellettuale, merita inoltre
accennare anche ai processi di ibridazione produttiva che, con
frequenza sempre maggiore, si stanno registrando in tale settore.
Come quando si riesce ad associare ad una icona, o ad un effetto di
movimento, un suono particolare, in tal modo dando origine ad un nuovo
concetto di marketing e di tipologia dei prodotti, quello della loro
sonorizzazione, che sta riscontrando successo nelle componenti d’arredo. E
da qui le innovazioni che possiamo attenderci in termini di modalità della registrazione di brevetti e di disegni.
Concludiamo dando uno sguardo all’economia del design in Italia, per
segnalare che le aziende del comparto stanno godendo di buona salute e di
un margine operativo superiore a quello medio del manifatturiero nazionale.
In termini di comparazioni internazionali, stando ai dati forniti dallo
studio della Fondazione Symbola, dal titolo Design Economy 2018,
il nostro comparto appare il più numeroso quanto ad aziende operanti, ma
terzo in classifica quanto a fatturato per addetto.
Nazione
|
Imprese Attive del Design 2015 |
Fatturato 2016 (M.di di Euro)
|
Variazioni % Fatturato 2016/2015
|
Fatturato Per Addetto 2016 (Euro)
|
Valore Aggiunto 2015 (M.di di Euro)
|
Italia
|
29.201
|
4,33
|
0,8
|
90.063
|
1,93
|
Gran Bretagna
|
21.772
|
7,82
|
-12,4
|
137.641
|
5,88
|
Francia
|
25.994
|
2,10
|
-13,4
|
73.360
|
0,92
|
Germania
|
26.170
|
3,85
|
7,1
|
74.539
|
1,96
|
Spagna
|
5.509
|
1,11 |
6,9 |
100.162 |
0,73
|
Tot. UE
|
179.735
|
25,38
|
- 1,8 |
87.255
|
13,047
|
Sarà forse la previsione che il design italiano possa godere di un fattore
strategico relativamente maggiore rispetto agli altri paesi competitor
europei (data la storica maggiore sensibilità alla cultura del “bello”,
collegabile ora alle potenzialità del digitale) ad indurre molte aziende
del comparto ad acquisizioni o alla formazione di gruppi societari di
settore? A parte il caso della soc. statunitense degli ambienti di lavoro
Haworth, che già 4 anni fa aveva acquisito la maggioranza di Poltrona FRAU,
i numerosi casi recenti hanno riguardato acquisizioni di singoli
competitors, ovvero la creazione di un gruppo che possa fungere da polo di
aggregazione per altre imprese, anche per affrontare con maggiore facilità
l’inevitabile percorso sui mercati esteri, ora ghiotta occasione per il
nostro design.
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